IL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO AI TEMPI DEL COVID-19

01.04.2020

Dott.ssa Maria Eugenia Rocchi

"Non sapendo che ne sarebbe stato di loro, divennero indifferenti alle leggi sacre come pure a quelle profane [...]. Pensavano che una pena molto più grande era già stata sentenziata ai loro danni e pendeva sulle loro teste" (La Guerra del Peloponneso, vol. II, Tucidide)

L'atmosfera è tesa all'interno delle carceri italiane.

Osservando la reazione dei detenuti all'interno degli istituti penitenziari è chiaro come sia complesso adottare provvedimenti tali da poter contenere le rivolte.

Si contano quattordici morti tra le carceri di Modena e di Rieti ma le proteste si estendono su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo quasi cinquanta istituti.

Qual è il casus belli? Quali sono i motivi che spingono i detenuti a reagire in questo modo?

Innanzitutto, è bene chiarire la situazione in cui vertono gli istituti penitenziari presenti sul territorio italiano. È noto, infatti, come il numero delle presenze all'interno delle carceri sia notevolmente alto: i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia in data 31.01.2020 contano la presenza di 60.971 individui, un trend in rialzo del 48.33% rispetto ai dati pubblicati nel solo giugno scorso dallo stesso Ministero (1). 
L'accrescimento del numero delle presenze ha creato, nel corso del tempo, un notevole problema di sovraffollamento, che si è tentato di arginare attraverso l'attuazione di una serie di riforme quali, ad esempio: la legge n. 241 del 31 luglio 2006 recante "Concessione di indulto"; il cd. "Piano Carceri", varato dal governo nel 2010, quest'ultimo proponendosi come obiettivi quelli di migliorare la capienza delle strutture, oltre che incrementare il numero degli istituti lungo tutto il territorio nazionale al fine di assicurare uno spazio individuale sufficiente a garantire un trattamento tale da non essere considerato "inumano e degradante".

Sì, perché proprio lo spazio personale è uno degli elementi necessari tale da garantire condizione dignitose e rispettose dei diritti umani ma purtroppo, questo elemento, risulta essere quasi assente nei nostri istituti.

Il "Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti" (CPT) veste il ruolo di garante della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali stabilendo, nella Convenzione da questo redatta, quali siano le misure più efficaci da poter adottare al fine di garantire un bilanciamento tra le esigenze repressive di difesa sociale e la tutela dei diritti individuali. La limitazione dello spazio personale al di sotto della soglia minima di gravità ha condotto, nel 2013, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a condannare - non da ultimo - l'Italia nella Sentenza "Torregiani ed altri v. Italia".

Rispetto a quanto detto, risulta automatico comprendere che, in una situazione di emergenza - quale l'attuale - le strutture non posseggano gli strumenti ed il personale necessari a contrastare una simile emergenza. Sulla base dei dati pubblicati dall' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al fine di limitare il contagio da virus Covid-19 le persone dovrebbero essere distanti l'una con l'altra di almeno un metro (2).

Paura; occasione. 
Dilagano queste sensazioni all'interno degli istituti perché, sebbene sia vero che parte dei detenuti abbia realmente timore - come noi tutti del resto - di questo virus del quale non si conoscono bene gli effetti, un'altra parte ha colto questa occasione per creare caos, tentare la fuga, per dimostrare come nella nostra società le carceri siano diventate vere e proprie "discariche sociali".

Il carcere, infatti, non può svolgere la funzione di risolutore dei problemi della società, facendo confluire un numero indistinto di individui che per la società stessa hanno fallito.

È necessario allora che si distinguano i soggetti violenti da quelli più fragili, in modo che i secondi non soccombano sopratutto in una realtà come quella inframuraria. Perché il danneggiamento dei reparti ambulatoriali nuoce soprattutto a coloro che i reparti sono costretti a frequentarli e che ora si trovano privati della loro libertà tanto quanto del diritto alla salute. 
E allora quali sono le soluzioni? 
Alcuni parlano di amnistia per alcuni reati minori, così come già era stato fatto in passato ma questa soluzione non elimina il problema alla radice; ci ritroveremmo nei prossimi anni dinanzi allo stesso problema. Inoltre, qualora si volesse prediligere questa opzione, sarebbe necessaria un'assunzione di responsabilità della politica che ora più che mai sarebbe lontana da questa realtà. 
Altri chiedono di poter adottare una serie di provvedimenti emergenziali tali da poter riportare il numero delle presenze al massimo della capienza, senza superare la soglia, convertendo in detenzione domiciliare la pena di coloro che stanno scontando il residuo della stessa (fino a trentasei mesi) in modo da diminuire drasticamente il numero delle presenze. 
Si pensa, infine, a trovare una soluzione per coloro che "abbiano problemi sanitari tali da rischiare aggravamenti a causa del virus Covid-19" (3), richiedendo, in questi casi, l'estensione della detenzione domiciliare (censendo inoltre domicili idonei per chi ne sia privo) ovvero dell'affidamento in prova, ai sensi degli artt. 43-ter e 43 della l. n 354/1975.
E probabilmente queste ultime potrebbero essere le soluzioni migliori attuabili, cercando di aiutare il sistema carcerario a svolgere la sua funzione primaria, ossia quella rieducativa.

Intanto nei diversi istituti penitenziari sono stati assunti diversi provvedimenti che vanno dalla possibilità di utilizzare la piattaforma Skype per i colloqui con i propri cari ed i propri difensori, all'incremento del numero di telefonate, a giorni alterni, al fine di garantire un collegamento diretto con le proprie famiglie. Inoltre in alcune case circondariali - come quella di Ferrara - sono state create aree di triage o pre-triage pur non disponendo, le strutture, di materiale utile alla prevenzione individuale e alla non diffusione del virus negli istituti.

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1) Per approfondimenti: www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.page.

2) Per approfondimenti: https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioFaqMalattieInfettive.jsp?lingua=italiano&id=228.

3) Si veda: www.antigone.it "Affrontare l'emergenza, per la salute, contro l'isolamento, per la dignità. Le proposte di Antigone, Anpi, Arci, Cgil e Gruppo Abele"