IL DELITTO D'ONORE E IL MATRIMONIO RIPARATORE: UNA STORIA SENZA LIETO FINE.
Dott.ssa Marianna Tartaglia
La legislazione italiana (1), sin dagli arbori del Codice Rocco, prevedeva il delitto d'onore, ovvero quel particolare reato commesso con la volontà di "riparare" la reputazione di una persona infangata d'altrui condotta. Seppur la normativa attirava a sé concetti abbastanza generici, in realtà il delitto d'onore aveva uno suo preciso fine: circoscrivere l'ambito d'applicazione a quelli prettamente relazionali.
L'articolo 587 del Codice Rocco (2), abrogato dalla legge del 5 agosto 1981 n. 442, statuiva la reclusione da tre a sette anni per chi cagionava la morte del coniuge, della figlia o della sorella nel momento in cui ne scopriva l'illegittima relazione carnale e lo stato d'ira determinato dall'offesa recata al suo onore e quello della famiglia. La stessa pena si applicava a chi, nelle stesse circostanze, cagionava la morte della persona trovata in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.
A ben vedere, il delitto d'onore poteva essere commesso indifferentemente da un uomo o da una donna. Ma da un'analisi accurata dell'articolo il delitto d'onore privilegiava il cosiddetto "sesso forte."
Dalla casistica risulta che la maggior parte di coloro che commetteva tale reato erano quasi esclusivamente uomini. Ciò significava che il padre che trovava la figlia con l'amante poteva uccidere entrambi e beneficiare del mite trattamento sanzionatorio previsto dall'articolo 587 del Codice Rocco. Ma allo stesso modo non poteva agire se avesse sorpreso il figlio in tale circostanza. Tale premessa ci consente di esaminare la vera peculiarità del delitto d'onore: se uccidevi un estraneo rischiavi l'ergastolo, se uccidevi l'amante di tua moglie la pena edittale massima era della reclusione di anni sette. Il presupposto della fattispecie consisteva che l'autore trovasse il coniuge, la figlia o la sorella in piena flagranza, cioè nell'atto di unirsi con l'altra persona e da questa scoperta derivasse lo stato d'ira determinata dall'offesa recata al suo onore o a quello della famiglia.
Dopo anni di soprusi, anatemi che ricordano l'amata terra di Verga in "Cavalleria Rusticana", nella quale si implorava la morte pur di non vivere senza il proprio amato, dove la passione si mescolava al sangue che scorre nelle vene. Anni di lotta e di discriminazione della figura femminile fino al fatidico giorno in cui l'infamità del delitto d'onore e del matrimonio riparatore trovò il suo tramonto. Correva l'anno 1981: il Parlamento italiano abrogò la "rilevanza penale della causa d'onore" con la legge n. 442 del 5 agosto.
Riguardo al matrimonio riparatore, la legge annunciava l'estinzione del reato di stupro nel caso in cui il colpevole accettasse di sposare la propria vittima come chiesto dai parenti di costei. Spesso minorenne, tale incivile pratica consentiva di salvare l'onore della famiglia poiché la violenza carnale era considerata un reato non contro la persona abusata ma contro la morale. Era ciò che disciplinava l'articolo 544 del Codice Rocco. L'emblema fu Franca Viola (3), la quale fu la prima donna italiana a rifiutare la legge del matrimonio riparatore. Nel 1965 Franca fu violentata ad Alcamo da un mafioso della zona e per evitargli la condanna, come previsto dall'articolo 544 del Codice, avrebbe dovuto sposare il suo violentatore. Ma la ragazza si ribellò, respingendo quello che sarebbe stato il suo crudele destino. La ragazza divenne esempio di grande coraggio e di crescita civile dell'Italia, anticipando le famosissime lotte per l'emancipazione femminile.
Passano gli anni ma a volte il passato torna a farci visita. Donne maltrattate, abusate, sconfitte dal loro stesso amore. Lacrime di madri che invocano il nome delle loro figlie affidandole, chissà, a quale Santo protettore. Donne chiuse nella loro stessa fragilità, incapaci di denunciare il loro "alligatore" che arriva nell'ombra, portandosi via la parte migliore custodita nel cuore. Forse anni e anni di lotta non basteranno per giungere al sognato "Amor Gentile". Ma una cosa è certa: la legge è in continuo movimento. Piano pian muove i suoi passi verso l'attuazione di quella sospirata eguaglianza dei sessi racchiusa all'interno dell'articolo 3 della Costituzione, importantissimo principio della nostra Carta costituzionale. Con la speranza che l'attuale "Codice Rosso" (4) possa far sorgere un sorriso per ogni donna che spera in un futuro migliore, lontana dal dolore e dalla miseria. Alle donne, affinché in esempi come quello di Franca Viola, possano trovare la forza di denunciare e di rinascere. Perché la vita non finisce finché esiste una possibilità.
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(1) www.laLeggeperTutti.it
(2) www.brocardi.it
(3) Beatrice Monroy, "Niente ci fù", edizione la Meridiana, 2012.
(4) Legge n. 69 del 19 luglio 2019.