PERCHE' LA LEGGE PENALE NON PUO' ESSERE RETROATTIVA?
Raffaele Ciampa
Il divieto di retroattività è talmente importante che la nostra costituzione all'articolo 25 comma 2 ,afferma "che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso", ossia che non può esserci reato se non esiste una legge penale che incrimina quel fatto al momento della sua commissione, ponendo l'accento su questa declinazione del principio di legalità. Il divieto di retroattività è disciplinato dall'articolo 2 del cp ,il quale è suddiviso in 6 commi:
"Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali"(comma 2)".
"Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135 "(comma 3)"
" Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo , salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile(648c.p.p.) (comma 4)"
"Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti(comma 5)";
Questo comma prevede un'eccezione a quanto confermato da commi 2,3,4 affermando che per le leggi temporanee ed eccezionali vale il principio del "tempus regit actum" , poco importa che siano stati modificati o abrogate. Per legge eccezionale si intende una legge che regola una situazione anomala dalla natura eccezionale, quindi parliamo di norme che scompaiono con il venir meno dell'eccezionalità o urgenza . Se non valesse il principio del "tempus regit actum" i consociati saprebbero di poter continuare con la condotta appena incriminata con poche possibilità di essere ritenuto responsabili, vigendo il comma 2, oppure con pochissime possibilità di essere sottoposte ad sanzione meno favorevole, vigendo il comma 4.
"Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti" (comma 6)"
Tale comma riguarda l'ipotesi dei decreti legge non convertiti o convertiti con emendamento stabilendo che anche in questi casi trova applicazione la disciplina dei commi precedenti. Cosa succederebbe se commettessi durante la vigenza provvisoria del decreto un fatto ritenuto incriminato da una norma che il decreto in questione aveva abrogato ? Se rubo cavalli neri nel momento in cui un decreto legge stabilisce che non è più reato rubarli ,che succede? Succede che non potrò essere punito perché se è vero che da parte il reato abrogato ritornerà ad essere in vigore dopo la mancata conversione, ma è anche vero che non si può essere puniti per un fatto che non costituiva reato al momento della sua commissione. La corte costituzionale con la sentenza 51/1985 ha dichiarato illegittimo il comma 6 perché il decreto legge ai sensi articolo 77 della costituzione perde efficacia "ex tunc" e non può spiegare i suoi effetti di favore ai fatti pregressi, cioè commessi prima dell'entrata in vigore dei decreti legge non convertiti, per i quali restano lo schema legale di riferimento per i fatti concomitanti e non per quelli pregressi .
Di recente la Corte Costituzionale si è espressa in merito al divieto di retroattività con la sentenza 32/2020 ha dichiarato illegittima l'applicazione della l. 3/2019 ,"spazzacorrotti", nella parte in cui estendeva ad alcuni reati contro la P.A. le preclusioni previste dall'art. 4-bis ord. penit., a soggetti condannati per reati commessi prima della entrata in vigore della stessa legge, ha inserito alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione all'interno dei reati ostativi cc.dd. di prima fascia, con la conseguente applicazione del divieto assoluto dei benefici penitenziari. Questa dichiarazione di illegittimità riguarda in particolar modo le modifiche da essa introdotte, che si applicavano anche ai condannati per fatti commessi prima della sua entrata in vigore, con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione della pena e quindi perché essa rappresentava una violazione degli articoli 25 comma 2 della Costituzione e 7 della CEDU.