LE ORDINANZE DI PROTEZIONE CIVILE NEL SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO ITALIANO
Dott.ssa Flavia Lombardi
Nel nostro ordinamento, la legislazione emergenziale (volta a fronteggiare eventi eccezionali che non possono essere gestiti con i normali strumenti operativi a disposizione degli enti ordinari) ha acquisito sempre maggiore rilievo e importanza. Difatti, il subentro del governo nelle funzioni degli enti locali a seguito della deliberazione dello stato di emergenza è un fenomeno sempre più frequente.
Il potere sostitutivo del governo per fronteggiare situazioni emergenziali è rinvenibile nell'art. 120, comma 2, Cost., attuato inizialmente con la Legge 24 febbraio 1992, n. 225 ("Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile"), la quale prevedeva e disciplinava le ipotesi di deliberazione dello stato di emergenza e la conseguente nomina del Commissario delegato da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Tale normativa è stata oggi inglobata nel nuovo Codice di Protezione Civile vigente dal 6 febbraio 2018, il quale rappresenta un importantissimo approdo in materia in quanto racchiude in maniera organica e sistematica tutta la legislazione che dalla legge n. 225/1992 ad oggi ha riguardato il settore della protezione civile.
In particolare, l'art. 24 dispone che "al verificarsi di emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo" il Consiglio dei Ministri, su proposta del suo Presidente (su richiesta, eventualmente, dei Presidenti delle regioni interessate, e comunque acquisendone l'intesa) è tenuto a deliberare lo stato d'emergenza.
Con tale deliberazione, il Governo deve fissare anche la durata nonché determinare l'estensione territoriale dell'emergenza con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi ed individua, inoltre, le prime risorse finanziarie da destinare all'avvio delle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione gli interventi più urgenti in attesa della ricognizione in ordine agli effettivi fabbisogni.
Al governo è attribuito, inoltre, la facoltà di nominare - con lo stesso provvedimento con cui viene deliberato lo stato di emergenza - un commissario delegato al coordinamento e all'attuazione delle ordinanze di protezione civile, il quale opera in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza e il quale cura, fino alla cessazione di tale stato, la prosecuzione delle attività in regime ordinario.
Il commissario ha competenza a coordinare tutti gli interventi che si rendono necessari: ad esso, in particolare, sono attribuiti poteri derogatori in materia di affidamento di lavori pubblici nonché di acquisizione di beni e servizi ed è intestatario, inoltre, della contabilità speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione e per la prosecuzione della gestione operativa della stessa per un periodo di tempo determinato ai fini del completamento degli interventi previsti dalle ordinanze adottate ai fini di fronteggiare l'emergenza.
In merito alla sua natura, occorre affermare che la struttura commissariale resta pienamente autonoma e distinta (anche, ovviamente, sul piano della legittimazione processuale) sia dagli enti territoriali competenti che dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri competenti. Il Commissario delegato, pertanto, risulta essere un centro d'imputazione autonomo sia rispetto agli enti locali (i cui uffici operano a supporto organizzativo della struttura commissariale in relazione di mero avvalimento) sia rispetto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri interessati, stante l'autonomia operativa, decisionale ed organizzativa della struttura commissariale, competendo alla Presidenza del Consiglio il solo procedimento di nomina e la prodromica attività istruttoria relativa all'accertamento dei presupposti per disporre l'intervento sostituivo. Tra i poteri più importanti ed incisivi nel settore della protezione civile vi rientra sicuramente il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti.
Difatti, gli interventi di protezione civile - avendo ad oggetto l'incolumità delle persone, la preservazione dei beni e il pronto ripristino delle normali condizioni di vita - devono necessariamente essere adottati con estrema celerità. Ed invero, accade spesso che gli ordinari rimedi messi a disposizione dall'ordinamento giuridico non si rivelino idonei a soddisfare le esigenze legate alla gestione di un evento calamitoso. In tali casi, pertanto, la pubblica amministrazione dispone di questo strumento di intervento a carattere straordinario che - in ragione della necessità e dell'urgenza - assicura la tempestività e l'efficacia dell'azione amministrativa. Occorre evidenziare preliminarmente che le ordinanze presentano una duplice natura: per un verso, infatti, promanano dall'autorità amministrativa, ed assumono, pertanto, sotto il profilo formale, la veste di atti amministrativi; per altro verso, sono indirizzate ad una pluralità di consociati nei confronti dei quali possono dettare regole di condotta. Inoltre, limitatamente al periodo in cui è urgente e necessario provvedere con mezzi straordinari, le ordinanze sono in grado di innovare l'ordinamento giuridico operando una parentesi nella vigenza delle leggi, la cui operatività rimane sospesa. Le ordinanze sono dunque caratterizzate dalla atipicità rispetto agli altri atti amministrativi a contenuto tipico, nonché dalla capacità derogatoria dell'ordinamento giuridico generale e della posizione di sussidiarietà rispetto agli ordinari strumenti di intervento.
Il potere di ordinanza è stato da sempre, per la sua delicatezza, oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza, le quali hanno cercato di individuare i limiti generali per l'esercizio del potere da parte dell'autorità legittimata a servirsene. Ed invero, la particolare forza derogatoria dell'ordinamento giuridico è destinata ad incidere sull'assetto costituzionale che individua il parlamento come l'organo legiferante, deputato a fissare le regole di condotta da imporre al cittadino. Anche la Corte Costituzionale si è ripetutamente pronunciata sull'argomento. In particolare occorre evidenziare alcune pronunce, da cui, tra l'altro, si evincono i connotati del provvedimento che sono "efficacia limitata nel tempo in relazione ai dettami della necessità e dell'urgenza; adeguata motivazione; efficacia pubblicazione nei casi in cui non abbia carattere individuale; conformità ai principi dell'ordinamento giuridico" (1).
In particolare, le ordinanze adottate dall'amministrazione pubblica nell'esercizio delle sue funzioni di protezione civile traggono la loro legittimazione dall'art. 25 del nuovo codice di protezione civile. La disposizione in questione disciplina compiutamente l'esercizio del potere di ordinanza (nel contesto generale delle funzioni e dei compiti attribuiti allo Stato, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni) ai fini della tutela della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi.
Per poter derogare alla normativa ordinaria - all'accadere di un avvenimento calamitoso che sia riconducibile alla fattispecie prevista dalla medesima norma - il Consiglio dei Ministri su proposta del Presidente del Consiglio (anche su richiesta del Presidente della Regione o delle Regioni territorialmente interessate) deve deliberare, come accennato pocanzi, lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità e alla natura degli eventi. In tal modo, il Governo, nella sua collegialità, fissa gli ambiti spaziali e temporali per l'esercizio del potere assumendo la responsabilità del proprio operato, non solo nei confronti delle popolazioni sinistrate ma più in generale dei confronti dei cittadini e delle istituzioni democratiche.
Il potere di emanare ordinanze, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, è attribuita al capo del Dipartimento della protezione civile salvo che sia diversamente stabilito nella delibero dello lo stato di emergenza. L'attribuzione della titolarità di tale potere in capo ad un organo tecnico ha in sé la ratio di assicurare che gli organismi coinvolti nell'emergenza agiscano prontamente ed in modo armonico e razionale nel rispetto dei principi di proporzionalità ed economicità. Il potere di ordinanza è rimasto prerogativa dello Stato (anche a seguito della riforma del titolo V della Costituzione) ma l'autorità che emana il provvedimento deve acquisire l'intesa della Regione interessata all'attuazione degli interventi ivi previsti.
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1) Cfr. Corte Cost., sentenze n. 8 del 1956, n. 26 del 1961, n. 100 e 201 del 1987 e n. 4 del 1997,