LA KILLER DELLA PORTA ACCANTO
Avv. Filomena Masi
Se pensi che la donna killer sia quella donna cattiva, quella collega antipatica, quella suocera iraconda hai toppato alla grande.
Ora ti racconto una storia.
Leonarda Cianciulli, nota come la Saponificatrice di Correggio, è nata a Montella, un piccolo paese dell'Irpinia, il 18 aprile 1894, è stata una figlia indesiderata fin dalla nascita (la madre era rimasta incinta all'età di quattordici anni e obbligata a sposare il suo rapitore e violentatore), debole e malaticcia, trascorre un'infanzia triste e solitaria che passa chiacchierando con amici immaginari, mentre viene tenuta in disparte ed evitata perfino dai fratelli. Sopraffatta dai contrasti con la madre e da diciassette gravidanze (e dieci figli morti in tenera età) e dalle precarie condizioni economiche, ma soprattutto dal timore di perdere i figli rimasti, vedrà nel sacrificio di vite umane innocenti l'unico modo per allontanare la paura della morte dei figli adorati.
Leonarda Cianciulli utilizzava i pezzi di corpi delle donne appena uccise per fabbricarne saponette e dolcetti da offrire agli ospiti, proprio un'amorevole casalinga, questa killer della porta accanto.
La Cianciulli, nel suo memoriale, raccontò di essere stata maledetta dalla madre alla vigilia delle nozze e d'aver perciò troncato ogni rapporto con lei: un fatto che avrebbe segnato profondamente la personalità della futura assassina. Come se ciò non bastasse, anni prima una zingara le aveva fatto una terribile profezia, la cui prima parte recitava: «Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi». Solo dopo l'intervento di una maga locale, Leonarda riuscì finalmente a portare a termine le gravidanze e i suoi bambini diventarono per Leonarda un bene da difendere a qualsiasi prezzo.
Ella ha ucciso tre donne, da lei poi sciolte nella soda caustica, così come avviene nel processo per la produzione del sapone, per creare saponette con l'allume di rocca e la pece greca e fare biscotti col sangue conservato e fatto attecchire al forno e mischiato a latte e cioccolato. Questi vennero dati da mangiare ai figli, che credeva così di salvare da una morte misteriosa: la Cianciulli si identificava infatti nella dea Teti, perché come Teti aveva voluto rendere i figli immortali bagnandoli nelle acque del fiume Stige, così anche lei voleva salvare dalla morte i figli col sangue delle sue vittime.
Se un background infantile può essere comune per uomini e donne serial killer, le differenze consistono nella tempistica, nella modalità di azione e nella scelta dell'arma e della tipologia delle vittime.
La prima profonda differenza tra il binomio uomo-donna serial killer consiste nei tempi. La donna comincia a uccidere tra i trenta e i quarant'anni, circa un decennio più tardi del suo "collega" maschile. A differenza del maschio però la sua "vita criminale" è lunga il doppio, con un tempo medio di attività che si aggira intorno agli otto anni prima di essere arrestata.
Le donne serial killer sono caratterizzate da una maggiore longevità omicidiaria nel senso che la loro catena di uccisioni dura in media più anni rispetto a quella degli uomini perché sono metodiche e pianificano gli omicidi simulando una morte naturale grazie anche all'utilizzo di mezzi soft. Le vittime sono scelte con attenzione, in genere nella propria cerchia affettiva. La donna serial killer si caratterizza, inoltre, per l'uso di armi discrete, mezzi soft come il veleno e i contatti con la vittima sono rari.
Ultima caratteristica è data dal modus operandi, esse raramente infieriscono con overkilling. Una sostanziale differenza tra l'agire dell'uomo e della donna consiste nel mezzo utilizzato. L'uomo tende alla ricerca del contatto fisico con la vittima e alla partecipazione attiva all'uccisione (strangolamento, accoltellamento); l'uomo preferisce di gran lunga la sadica eccitazione derivante dal torturare, sezionare, mutilare e massacrare, in coerenza con il tipico movente sessuale maschile. Le donne, invece, prediligono modalità meno fisiche, con l'utilizzo del veleno (arsenico, stricnina e clorato di potassio) e, al limite, lo strangolamento. Il veleno offre infatti vari vantaggi: è un'arma discreta, silenziosa, che, se usata bene, non lascia tracce e permette di far passare la morte della vittima come naturale. Se agiscono in contesti come gli ospedali (come gli angeli della morte) invece queste donne preferiranno l'iniezione di sostanze letali, attività di routine ospedaliera destinata, pertanto, a passare inosservata. In apparenza la scelta di armi soft può far credere che il "gentil sesso" sia meno spietato rispetto al corrispettivo maschile: tuttavia si deve sottolineare quanto più sadico ed efferato possa essere un omicidio in cui si assiste alla morte lenta di una persona cara, in preda a sofferenze prolungate e lancinanti causate, per esempio, dagli effetti lenti del veleno. Tra le "armi" della donna serial killer (non meno temibili di quelle prima elencate) si ricordano la seduzione e l'astuzia (capacità di gran lunga superiori rispetto agli uomini), che si trasformano in spietatezza e glacialità nell'approssimarsi al delitto e che aiutano nella costruzione di alibi pressoché inattaccabili, nella fase successiva al delitto.
È sbagliato pensare che si tratti di donne eccentriche o dalla cattiva fama presso amici e conoscenti; si tratta piuttosto di donne e madri di famiglia che, almeno all'apparenza, svolgono lavori del tutto normali che le rendono praticamente insospettabili (casalinga, infermiera, cameriera). Donne che riscuotono simpatia presso i conoscenti perché appaiono affabili, affidabili, dal volto rassicurante; che, con grande perizia, riescono a creare un clima di confidenzialità e intimità con la vittima, scelta per la sua vulnerabilità, tra deboli o emarginati, in particolare donne e bambini.
Una facciata che nasconde la vera personalità, fredda, cinica, incapace di empatia, manipolatrice, e l'unica intenzione che guida i piani di annientamento delle vittime, ovvero quella di riprendersi una rivincita sulla vita, esprimere la propria superiorità e diventare celebri.
Il comportamento di una donna killer è frutto di una storia di esperienze traumatiche iniziate nella più tenera età e proseguite negli anni. È intorno al trauma che si costruisce la struttura della personalità del futuro killer.
La maggior parte di esse cresce in famiglie multiproblematiche, riportando quasi sempre una qualche forma di abuso durante l'infanzia. Bambine che perdono uno o entrambi i genitori o costrette a vivere in un ambiente ostile; lo stress derivante dalle oggettive condizioni di disagio, unito all'immaturità delle difese, conduce facilmente le future assassine all'isolamento dalla società, percepita come ostile e da cui "riscattarsi", sottomettendo a propria discrezione tutto e tutti. In tutte le assassine seriali è comune la percezione della propria esistenza come negativa e degradata, e la presenza di forti sensi di inferiorità fisica e psichica, sociale e sessuale, che vengono compensati con un forte narcisismoLe tipiche vittime delle donne serial killer intrattengono con loro un qualche tipo di rapporto e quasi sempre appartengono allo stesso ambito familiare. tra i familiari, il marito è il bersaglio più frequente, mentre gli estranei sono scelti tra i più deboli e indifesi. Inoltre, le vittime vengono individuate e uccise "sul posto", con modalità sedentarie (nella stessa casa dell'assassina o altri luoghi chiusi), fatto riconducibile alla scarsa mobilità nel territorio da parte della serial killer donna e alla strategia tipica di attirare le prede nella propria tana, conosciuta in criminologia come "tecnica del ragno".
Che dici? Lo prendiamo il caffè con la vicina?