IL DIRITTO DI ASILO E IL REGIME DI PROTEZIONE TEMPORANEA DEGLI STRANIERI PER RILEVANTI ESIGENZE UMANITARIE
Dott. Simone Rossi
Il diritto di asilo è un'antica nozione giuridica, in base alla quale una persona perseguitata nel suo paese d'origine può essere protetta da un'altra autorità sovrana, un paese straniero, o un santuario religioso (come nel medioevo).
In buona sostanza, chiunque fugga da persecuzioni o danni gravi nel proprio paese ha il diritto di chiedere protezione internazionale. L'asilo è un diritto fondamentale che viene concesso alle persone che sono in possesso dei requisiti di cui alla Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati. Si tratta di un obbligo internazionale per gli Stati aderenti, tra cui figurano gli Stati membri dell'Unione Europea. L'Unione, poi, ha integrato le condizioni per l'ottenimento della protezione internazionale nel proprio corpus giuridico e ha ampliato il concetto creando una categoria di beneficiari di protezione internazionale aggiuntiva rispetto ai rifugiati, ossia i beneficiari di protezione sussidiaria.
Offerta come garanzia ulteriore ed alternativa rispetto allo status di rifugiato, la protezione sussidiaria è riconosciuta al cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
Tale tutela non può essere cumulata con la protezione dei rifugiati sancita dalla Convenzione di Ginevra, ma mira a completarne la disciplina. Mentre il riconoscimento dello status di rifugiato presuppone la sussistenza di un "timore di persecuzione", la protezione sussidiaria richiede un "rischio effettivo di danno grave": dal punto di vista probatorio è dunque necessario dimostrare un maggiore grado di concretezza della minaccia. La nozione di "danno grave" è ricostruita con riferimento alle convenzioni internazionali che vincolano gli Stati membri - in particolare, alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984 - e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. L'art. 15 della dir. 2011/95 individua tre casi in cui ricorre un "danno grave": ossia la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Esiste, poi, un'ulteriore tipologia di protezione, quella temporanea nel caso di arrivo massiccio nell'Unione europea (UE) di stranieri c.d. "sfollati" che non possono rientrare nel loro paese. Secondo la definizione normativa, per "sfollati" sono da intendersi i cittadini di Paesi terzi o apolidi che abbiano dovuto abbandonare il loro Paese o regione d'origine o che siano stati evacuati (in particolare in risposta all'appello di organizzazioni internazionali), fuggiti da zone di conflitto armato o di violenza endemica, o soggetti a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani, o già vittime di siffatte violazioni. Sono persone il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulti impossibile a causa della situazione nel Paese di provenienza. La tutela accordata con la protezione temporanea è di tipo collettivo, e presuppone un "afflusso massiccio".
Essa è prevista dalla Direttiva 2001/55/CE, la quale stabilisce un dispositivo eccezionale nel caso di arrivo massiccio nell'Unione europea (UE) di stranieri che non possono rientrare nel loro paese, in particolare a causa di una guerra, violenze o violazioni dei diritti umani. La normativa stabilisce una tutela immediata e transitoria di tali persone sfollate e assicura un equilibrio degli sforzi realizzati tra gli Stati membri che ricevono tali persone e subiscono le conseguenze di tale accoglienza. La tutela transitoria viene accordata in tutti gli Stati membri allorché il Consiglio avrà adottato, su proposta della Commissione, una decisione che accerta un afflusso massiccio di sfollati nell'UE e che specifica i gruppi di persone cui si applicherà la protezione. La durata della protezione temporanea è pari a un anno e può essere prorogata per un periodo massimo di due anni. Può terminare anche quando il Consiglio avrà accertato, su proposta della Commissione che la situazione nel paese d'origine consente un rimpatrio sicuro e stabile degli sfollati. Gli Stati membri devono accertarsi della volontà degli sfollati di essere accolti nel loro territorio. Possono essere escluse dal beneficio della protezione temporanea le persone sospettate di crimine contro la pace, crimine di guerra, crimine contro l'umanità, reato grave di natura non politica, azioni contrarie alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite e le persone che rappresentano un pericolo per la sicurezza dello Stato membro ospitante. Gli Stati membri devono rilasciare alle persone ammesse alla protezione temporanea un titolo di soggiorno valido per tutta la durata della protezione. In definitiva, le prime due tipologie (status di rifugiato e protezione sussidiaria) sono specificazione di una medesima voce: la "protezione internazionale": la prima forma di protezione (status di rifugiato) è accordata a chi sia esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali; la seconda (protezione sussidiaria) è accordata a chi, pur non oggetto di specifici atti individuali di persecuzione, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno se ritornasse nel Paese di origine. La protezione temporanea, invece, è una procedura di carattere eccezionale che garantisce - nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione.
Da ultimo, con riferimento al nostro ordinamento, è doveroso richiamare l'istituto della protezione umanitaria. La protezione umanitaria è un istituto riconducibile a previsioni dell'ordinamento interno italiano e che può essere distinta in due fattispecie. Vi è una protezione umanitaria 'esterna' alla procedura di asilo. Ha il suo fondamento nell'articolo 5, comma 6 del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998). Vi è una protezione umanitaria 'interna' alla procedura di asilo. Ha il suo fondamento nell'articolo 32, comma 3 del decreto legislativo n. 25 del 2008. La prima - la protezione umanitaria 'esterna' alla procedura di asilo - si ha allorché ricorrano "seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano" - sicché il permesso di soggiorno non è rifiutabile né revocabile. È così rilasciato (dal questore) un "permesso di soggiorno per motivi umanitari". Il suo richiedente è (secondo orientamento giurisprudenziale) titolare di un diritto soggettivo, per questo riguardo. L'autorità amministrativa che rilascia quel permesso di soggiorno lo accerta, acquisendo dall'interessato la documentazione riguardante i motivi della richiesta, correlati ad "oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l'allontanamento dello straniero dal territorio nazionale". La seconda - la protezione umanitaria 'interna' alla procedura di asilo - si ha allorché una domanda di protezione internazionale, avanzata da un richiedente, non possa essere accolta (per mancanza dei presupposti) dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, e tuttavia questa ravvisi la sussistenza di "gravi motivi di carattere umanitario". La Commissione in tal caso trasmette gli atti al questore, il quale è tenuto a rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Nell'uno come nell'altro caso, devono ricorrere "seri" o "gravi" motivi di carattere umanitario (rilevati nel primo caso dal questore direttamente, nel secondo caso dalla Commissione in modo vincolante per il questore).
Sussiste, infine, una protezione umanitaria temporanea ossia una protezione temporanea per motivi umanitari. Si allude a quella protezione che ha il suo fondamento nell'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione. Dunque, "rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità" in Paesi extra-comunitari, possono legittimare, secondo l'ordinamento italiano, una protezione (nei limiti delle risorse disponibili entro il Fondo per le politiche migratorie). Siffatta protezione ha in comune con la protezione temporanea il carattere collettivo della tutela; se ne distingue tuttavia perché prescinde dalla previa dichiarazione di "afflusso massiccio" da parte delle istituzioni dell'Unione europea nonché dalla definizione di "sfollati" quale formulata dalla direttiva 2001/55/CE. La protezione temporanea per motivi umanitari ex articolo 20 del Testo unico fu applicata negli ultimi anni Novanta, innanzi alla crisi balcanica; è stata ribadita nel 2011, innanzi alla crisi politica che ha investito i Paesi dell'Africa settentrionale cagionando un massiccio afflusso (alcune decine di migliaia) di profughi sulle coste italiane.