IL DIRITTO DI ACCESSO DEI CONSIGLIERI COMUNALI: art. 43, comma 2, d.lgs. 267/2000.

01.09.2020

Dott.ssa Deborah Pascale

 L'ordinamento italiano riconosce un autonomo e specifico diritto di accesso e di informazione in capo ai consiglieri comunali, in ordine agli atti in possesso dell'Ente locale, la cui disciplina è contenuta nell'art. 43, comma 2, d.lgs. 267/2000.

Tale disposizione prevede che "i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge".

Il Legislatore nazionale ha, quindi, voluto riconoscere espressamente ai consiglieri un diritto di accesso pieno e non comprimibile, per il quale non sono previsti limiti nemmeno a tutela di esigenze di riservatezza,fermo restando il dovere per il medesimo di mantenere il segreto "nei casi specificamente determinati dalla legge".

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, recentemente confermato, il diritto di accesso del consigliere comunale ha un contenuto più ampio e diverso rispetto al diritto di accesso di cui all'art. 22 della Legge n. 241/1990 "atteso che lo stesso prevede un incondizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento del mandato, affinché il consigliere possa valutare la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, nonché esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del consiglio comunale, oltre a poter promuovere, anche nell'ambito del consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale [...]" (TAR Veneto - Venezia, Sez. I, 29.4.2020, n. 393; ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 5.9.2014, n. 425; Consiglio di Stato, Sez. V, 17.9.2010, n.6963; Consiglio di Stato, Sez. V, 9.10.2007, n. 5264).

Ne discende, quindi, che al consigliere comunale sono riconosciuti dei margini più ampi di esercizio del diritto di accesso, ciò in relazione ai compiti che lo stesso è chiamato a svolgere, di modo che sia messo nella condizione di valutare l'operato dell'Amministrazione con una maggiore precisione, così da poter poi esprimere un giudizio consapevole.

Si consideri comunque che, in nessun caso, l'Amministrazione Comunale può gravare il consigliere dell'onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente si introdurrebbe una sorta di controllo dell'Ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale (cfr. TAR Veneto - Venezia, Sez. I, 29.4.2020, n. 393).

La giurisprudenza amministrativa ha altresì precisato che gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono individuarsi nel fatto che esso "[...] deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali, attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell'ente; inoltre, non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche, ovvero meramente emulative, fermo restando, tuttavia, che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso" (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6993/2010).

Sul punto va rilevato inoltre che, anche per il consigliere, il diritto di accesso deve essere esercitato in maniera corretta e non in contrasto con le finalità della legge; lo stesso non può abusare del diritto all'informazione riconosciutogli dall'ordinamento,"piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi o aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell'ente civico" (Consiglio di Stato, 2.9.2005, n. 4471).

Il diritto di accesso dei consiglieri comunali, in nessun caso, può essere esercitato al solo fine di perseguire interessi personali o di tenere condotte emulative. In tal senso, infatti, si ritiene che un'istanza di accesso effettuata "per conto terzi" possa rappresentare senz'altro un'ipotesi di abuso del diritto.

Dalla lettura del citato art. 43, comma 2, d.lgs. 267/2000, emerge che il consigliere ha diritto di accedere a tutti i documenti, notizie e informazioni che sono materialmente in possesso dell'Ente e dei suoi uffici.

In merito alle istanze d'accesso aventi ad oggetto il rilascio di ingenti copie di atti, si osserva che il diritto si esercita tenendo altresì in considerazione la possibilità che l'Amministrazione possa esaudire la richiesta, qualora sia di una certa gravosità, secondo i tempi necessari a non determinare alcuna interruzione delle altre attività ordinarie della stessa (cfr. Consiglio di Stato, n. 4855/2006). Ciò, in particolare, in ragione del fatto che il consigliere comunale "non può abusare del diritto all'informazione riconosciutogli dall'ordinamento, pregiudicando la corretta funzionalità amministrativa dell'Ente civico con richieste non contenute entro i limiti della proporzionalità e della ragionevolezza" (cfr. Consiglio di Stato, 2.9.2005, n. 4471).

Infatti, occorre sempre contemperare l'esigenza di informazione dei consiglieri con quella dell'Amministrazione al regolare svolgimento della propria attività. È necessario che la formulazione di richieste da parte dei consiglieri sia il più possibile precisa, riportando l'indicazione degli oggetti di interesse ed evitando adempimenti gravosi o intralci all'attività ed al regolare funzionamento degli uffici (Consiglio di Stato, n. 4471/2005; id, n. 5109/2000; id, n. 6293/2002).

Anche la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (seduta del6.7.2010) ha precisato che, per non impedire od ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa, fermo restando che il diritto di accesso non può essere garantito nell'immediatezza in tutti i casi, o con mezzi estranei all'organizzazione attuale dell'ente, "[...] rientrerà nelle facoltà del responsabile del procedimento dilazionare opportunamente nel tempo il rilascio delle copie richieste, al fine di contemperare tale adempimento straordinario con l'esigenza di assicurare l'adempimento dell'attività ordinaria, mentre il consigliere avrà facoltà di prendere visione, nel frattempo, di quanto richiesto negli orari stabiliti presso gli uffici comunali competenti".

Pertanto, proprio al fine di evitare che le continue richieste di accesso si trasformino in un aggravio dell'ordinaria attività amministrativa dell'ente locale, è stata riconosciuta la possibilità per il consigliere comunale di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) del Comune attraverso l'uso della password di servizio (cfr. parere Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi del 29.11.2009).

Qualora si tratti di esibire della documentazione complessa e voluminosa è risultato, altresì, legittimo il rilascio di supporti informatici al consigliere ovvero la trasmissione mediante posta elettronica, in luogo delle copie cartacee.

Tale modalità è conforme anche all'art. 2, d.lgs. 82/2005, il quale prevede che le Amministrazioni "assicurano la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione".

Dalla citata disposizione il Consiglio di Stato ha enunciato due importanti principi ossia che la fruibilità dei dati e delle informazioni in modalità digitale debba essere garantita con modalità adeguate ed appropriate, inoltre, che - secondo un corrispondente e sotteso canone di proporzionalità - grava sull'Amministrazione l'approntamento e la valorizzazione di idonee risorse tecnologiche, che - senza gravare eccessivamente sulle risorse pubbliche - appaiano in grado di ottimizzare, in una logica di bilanciamento, le esigenze della trasparenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 8.6.2018, n. 3486).