IL CONTRATTO PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI

01.10.2020

Dott.ssa Deborah Di Carlo

Cosa accade quando due soggetti sottoscrivono un contratto preliminare di compravendita immobiliare, fissando un termine per la stipulazione del contratto definitivo e il promissario acquirente scopre che l'immobile oggetto del contratto non è di proprietà del promittente venditore, bensì di un terzo soggetto? Potrebbe il promissario acquirente chiedere di far dichiarare la nullità del contratto preliminare?

Ai sensi dell'art. 1351 c.c. "il contratto preliminare di compravendita è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo." Il contratto preliminare è un negozio destinato a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà compiutamente attuato con il contratto definitivo; difatti il suo oggetto sussiste da un lato in un facere (consistente nel manifestare successivamente una volontà predeterminata relativa alle parti e al contenuto) e dall'altro si sostanzia in un, sia pure futuro, dare (consistente nel trasferimento della proprietà). Sul punto è concorde la giurisprudenza che a Sez. Unite (sent. n 11624/2006) ritiene come nel contratto preliminare di compravendita, la trasmissione della proprietà sia il risultato pratico a cui mirano i contraenti.

Ai fini della validità del contratto preliminare è sufficiente che le parti raggiungano un accordo circa gli elementi essenziali, non è indispensabile una completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto. In particolare è necessario che, ai sensi dell'art. 1346 c.c., l'oggetto sia determinato o determinabile e, in caso di preliminare di vendita immobiliare, occorre che venga specificata l'ubicazione del bene promesso in vendita. Inoltre nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto "ex lege" l'atto scritto come per il definitivo, è sufficiente che le parti abbiano fatto riferimento ad un bene determinato o determinabile, la cui indicazione può risultare incompleta, mediante gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo; l'importante è che l'intervenuta convergenza delle volontà sia logicamente ricostruibile, sia pure "aliunde" o "per relationem" .(Cass, Sez II, 2018, n. 11297)

Le argomentazioni sopra esposte dimostrano come il contratto preliminare stipulato tra i due soggetti non presenti vizi inerenti il momento genetico della pattuizione, la cui presenza possa implicare la forma di invalidità più grave, la nullità, e fondare una sentenza di accertamento che dichiari l'inefficacia del contratto.

Difatti i due hanno stipulato il preliminare di compravendita indicando l'oggetto, il trasferimento della proprietà dell'immobile, in osservanza dell'art. 1346 c.c. e non incorrendo nell'ipotesi di nullità contemplata dall'art. 1351 c.c..

Occorre, inoltre, sottolineare che il caso in esame rientra nell'ipotesi di preliminare di vendita di cosa altrui. La Cass. Sez Un. 2006 n.11624 ha statuito che "il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario acquirente direttamente dall'effettivo proprietario." Quindi il promittente venditore può adempiere all'obbligazione di far acquistare al promissario acquirente la proprietà del bene in due modi alternativi: acquistandola egli stesso dal terzo, oppure inducendo quest'ultimo a trasferirgliela. Inoltre non è applicabile la disciplina dell'art. 1479 co. 1 c.c. (relativo alla richiesta di risoluzione del contratto) poiché, a prescindere dalla conoscenza del promissario acquirente dell'altruità della cosa, il promittente venditore può adempiere alla sua obbligazione di procurargliene l'acquisto fino alla scadenza del termine per la stipula del definitivo.

Alla luce di quanto sopra, il contratto preliminare di vendita di cosa altrui è valido ed efficace, risultando infondata un'eventuale pretesa di nullità da parte del promissario acquirente.