LOTTA AL TERRORISMO: IL FENOMENO DEI FOREIGN FIGHTERS

01.11.2019

Avv. Filomena Masi

In una trattazione relativa ai c.d. foreign terrorist fighter è fondamentale premettere che essi non rappresentano affatto un fenomeno recente, legato esclusivamente all'insorgere e al rafforzarsi dello Stato Islamico, in quanto nel passato - almeno a partire dagli anni '80 (1) - si rinvengono diversi altri conflitti caratterizzati dalla presenza di questa particolare categoria di combattenti, peraltro non sempre mossi dalla fede islamica (2)

Recente è, invece, la percezione più diffusa dell'esistenza di questi soggetti, che si è consolidata successivamente agli attacchi terroristici del 2011 alle Torri Gemelle negli U.S.A., a causa della riscontrata presenza di foreign fighter tra le file dei Talebani e di AlQaeda, così che da quel momento essi hanno iniziato ad essere associati a queste organizzazioni terroristiche internazionali (3), e più in generale al mondo del fondamentalismo islamico (4).

Tale connessione si è ovviamente cristallizzata con l'incrementarsi del fenomeno, andato di pari passo con la nascita ed il progressivo rafforzamento dello Stato Islamico, a partire dal 20145: le ultime stime, difatti, parlano di circa 40.000 combattenti stranieri dislocati principalmente in Siria e in Iraq, 5.000 dei quali proverrebbero da Paesi dell'Unione Europea (6).

Con la recente disfatta dell'Islamic State, peraltro, lo scenario è ulteriormente complicato dall'interrogativo relativo al destino di questi soggetti, intenzionati con buona probabilità a tornare negli Stati di residenza, con il duplice rischio del c.d. effetto blowback, relativo sia alla realizzazione di attentati terroristici, sia alla possibilità che, una volta rientrati, i suddetti diventino addirittura jihadi entrepreneurs (imprenditori del jihad), e raccolgano attorno a sé ulteriori potenziali terroristi (7).

Da qui l'importanza di un approccio sistematico al problema, al quale però - come osservato dalla dottrina più accreditata in materia - non è stato mai dedicato uno spazio di studio adeguato, mancando una vera e propria definizione trasversale condivisa nell'ambito delle scienze politiche, capace di includere i vari scenari in cui si è inserito, piuttosto concentrandosi le trattazioni sul fenomeno terroristico di fondo (8).

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1) Se non addirittura prima, pur se in rari casi, secondo T. HEGGHAMMER, The Rise of Muslim Foreign Fighters: Islam and the Globalization of Jihad, in International Security, Winter 2010/2011, p. 54.

2) Sul punto, v. più diffusamente oltre

3) S. KRAEHENMANN, Foreign Fighters under International Law, Academy briefing No. 7, 2014, in www.geneva-academy.ch.;

4) "Against this background, the term 'foreign fighter' is widely and unreflectively conflated with 'Muslim', 'Islamist', or 'Jihadist'". S. KRAEHENMANN, Foreign Fighters under International Law, cit.,

5) "Ciò è strettamente legato alle trasformazioni in atto nell'estremismo jihadista: non più tanto o solo la guerra di Al-Qaida al 'nemico lontano' - gli Stati Uniti - ma invece la lotta al 'nemico vicino', cioè i regimi corrotti e filo-occidentali, considerati eretici, con l'obiettivo di ottenere un proprio paese, uno stato 'islamista'", secondo M. SOSSAI, "Foreign terrorist fighters: una nozione ai confini del diritto internazionale", in Federalismi. Rivista di Diritto pubblico italiano, comparato, europeo, 25 settembre 2015, p. 6.

6) EUROPEAN UNION AGENCY FOR LAW ENFORCEMENT COOPERATION, European Union terrorism situation and trend report 2018, in www.europol.europa.eu, p. 26.

7) V. F. MARONE - L. VIDINO, Destinazione jihad. I foreign fighters d'Italia, in www.ispionline.com, Giugno 2018, p. 12.

8) "The main reason for the absence of such a term is that foreign fighters constitute an intermediate actor category lost between local rebels, on the one hand, and international terrorists, on the other" (T. HEGGHAMMER, The Rise of Muslim Foreign Fighters, cit., p. 55).