Cosa
accade se Tizio e Caio vantano reciprocamente un credito l'uno nei
confronti dell'altro, Caio ottiene un decreto ingiuntivo per il
proprio e Tizio si oppone eccependo in compensazione il suo credito
che viene accertato con sentenza non ancora passata in giudicato?
Caio può resistere all'avversa eccezione?
È
necessario innanzitutto l'inquadramento normativo dell'istituto
della compensazione, di cui agli artt. 1241, 1242 e 1243 c.c., con
particolare riferimento alla natura giuridica della stessa. In
particolare occorre stabilire se l'eccezione di compensazione,
avanzata da Tizio che ritiene il proprio credito omogeneo, liquido ed
esigibile ai sensi dell'art. 1243 cc, sia ammissibile e quindi
possa determinare l'estinzione dei due debiti dal giorno della loro
coesistenza e per le quantità corrispondenti.
La
compensazione è l'elisione per la parte concorrente dei crediti
reciproci sussistenti tra due soggetti, ove l'uno sia creditore e
debitore dell'altro nell'ambito di diversi rapporti pendenti
contemporaneamente. Si tratta di uno dei modi di estinzione
dell'obbligazione diversi dall'adempimento, la cui ratio è
l'estinzione satisfattoria reciproca. L'estinzione opera dal
momento in cui i rapporti vengono a coesistere, ai sensi dell'art.
1242 c.c. Il dettato normativo, di cui all'art. 1243 c.c., della
non rilevabilità d'ufficio della compensazione, si basa
sull'esigenza di economicità dei rapporti la cui convenienza è
valutabile solo dalle parti.
Fermo
quanto finora osservato, occorre sottolineare che il requisito della
reciprocità dei crediti non sia sufficiente a produrre l'estinzione
per compensazione; occorrono, infatti, ulteriori requisiti quali
l'omogeneità, la liquidità e l'esigibilità dei crediti.
Nell'ipotesi
in cui concorrano i suddetti requisiti la compensazione si definisce
legale. L'omogeneità inerisce crediti reciproci aventi ad oggetto
la consegna di cose fungibili dello stesso genere, mentre
l'esigibilità attiene alla legittimazione a pretendere
l'adempimento da parte del creditore, infine per credito liquido
deve intendersi quello determinato nell'ammontare in base al
titolo. In assenza del requisito della liquidità, ma in presenza di
un credito che sia di facile e pronta liquidazione, il giudice
dichiara la compensazione giudiziale per la parte del debito
riconosciuta esistente e la condanna per il credito liquido potrà
essere sospesa fino all'accertamento della successiva liquidazione
del credito dedotto in compensazione.
Una
volta accertata la presenza dei requisiti richiesti, occorre
sottolineare che la liquidità attiene all'oggetto della
prestazione ed include il requisito della certezza che inerisce
all'esistenza dell'obbligazione, quindi al titolo costitutivo del
credito. Da ciò deriva che la contestazione del titolo non riguarda
di per sé la contestazione sull'ammontare del credito, determinato
dal titolo, ma la controversia sul titolo rende temporanee e non
definitive la liquidità e l'esigibilità. Quindi il requisito
della liquidità del credito viene meno quando questo sia incerto nel
suo ammontare, ma anche quando ne sia contestata l'esistenza. Tale
ragionamento ci porta ad affermare che, affinché operi la
compensazione legale, è necessario che il titolo fondante il credito
sia incontrovertibile.
Nel
caso di specie la compensazione legale non può operare in quanto il
credito addotto in compensazione si fonda su una sentenza non ancora
passata in giudicato, facendo così venir meno la contestuale
presenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.
Occorre
a questo punto chiedersi se, invece, la compensazione giudiziale
possa fondarsi o meno su un credito la cui esistenza dipenda
dall'esito di un giudizio separato e il cui accertamento non sia
ancora divenuto definitivo. Fino al 2013, secondo orientamenti
giurisprudenziali precedenti, il fatto che l'accertamento di un
credito risultasse sub iudice non impediva al suo titolare di opporlo
in compensazione al credito fatto valere dal suo debitore in un
diverso giudizio. In tal caso, se i giudizi pendevano dinanzi al
medesimo ufficio giudiziario, ne veniva disposta la riunione e il
giudice poteva procedere nei modi indicati nell'art. 1243, II co.,
c.c. . Se, invece, pendevano dinanzi ad uffici diversi, il loro
coordinamento avveniva con la pronuncia, sul credito principale, di
una condanna con riserva all'esito della decisione sul credito
eccepito in compensazione e quindi contestuale rimessione della causa
nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni
necessarie alla compensazione, seguita dalla sospensione del
giudizio, ai sensi degli artt. 295 e 337, II co., c.p.c., fino alla
definizione del giudizio di accertamento del controcredito. Ad oggi,
superati i precedenti orientamenti, alla luce della pronuncia n.
23225/2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è possibile
affermare che in tema di compensazione dei crediti, se è
controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore
principale o in altro già pendente, l'esistenza del controcredito
opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la
compensazione, neppure quella giudiziale, poiché quest'ultima
presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice
dinanzi al quale è fatta valere; compensazione che non può fondarsi
su un credito la cui esistenza dipenda dall'esisto di un separato
giudizio in corso e prima ancora che il relativo accertamento sia
divenuto definitivo. In tale ipotesi resta pertanto esclusa la
possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito
oggetto della domanda principale ed è al contempo preclusa
l'invocabilità della sospensione contemplata dagli artt. 295 e
337, II co., c.p.c., considerando la prevalenza della disciplina
speciale dell'art. 1243 c.c. L'orientamento della Suprema Corte è
stato di recente ripreso e confermato dalla Sez III, nella Sent. n.
4313/2019.A
questo punto, alla luce del fatto che la compensazione non possa
fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un
separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia
divenuto definitivo, ma che la stessa operi quando il credito opposto
in compensazione sia certo ma non liquido, ovvero non determinato, in
tutto o in parte, nel suo ammontare, ma la cui liquidazione sia
facile, il giudice non può pronunciare la compensazione né legale,
né giudiziale sulla base dell'eccezione sollevata da Tizio
inerente l'esistenza di un suo controcredito vantato nei confronti
di Caio ma il cui titolo fondante, ovvero la sentenza, non sia
incontrovertibile, poiché non ancora passata in giudicato.